La strada di Smirne – Antonia Arslan – Recensione

La strada di Smirne – Antonia Arslan – Recensione

Dopo aver letto La masseria delle allodole, di Antonia Arslan, avevo la necessità urgente di sapere come la storia continuava, cosa ne sarebbe stato dei sopravvissuti al genocidio armeno del 1915, nascosti ad Aleppo. Ne La Strada di Smirne ho finalmente trovato le risposte che cercavo e ve ne propongo la recensione.

Buona lettura!

Dettagli

  • Titolo: La strada di Smirne
  • Titolo originale: La strada di Smirne
  • Autore: Antonia Arslan
  • Prima edizione italiana: 2009
  • Pagine: 285

La trama di La strada di Smirne

I superstiti della famiglia di Sempad si contano sulle dita di una mano. Da Aleppo si imbarcano in una nave che li porterà in Italia, dalla zio Yerwant. Vivere nell’agiata famiglia non è facile. Il ricordo delle atrocità vissute e la perdita dei propri cari è ancora impresso nelle menti di chi è sopravvissuto. E il senso di colpa e di dovere della famiglia ospitante, che vede negli occhi dei piccoli il loro crudele passato, è accompagnato dall’imbarazzo di averli con loro.

Mentre loro si abituano a una nuova vita a Venezia, fantasticando sul loro futuro, Ismene, Isacco e Nazim restano ad Aleppo per prendersi cura dei numerosi orfani armeni. Da Aleppo l’orfanotrofio viene spostato a Smirne, ceduta dalla Turchia alla Grecia, dove si spera di riuscire a ricostruire una vita migliore. Ma quando i francesi si ritirano dall’Anatolia lasciando il posto ai turchi, le cose cambiano velocemente, e l’incertezza torna a impadronirsi degli armeni…

La strada di Smirne - Antonia Arslan - Recensione Libro

Perché lo consiglio

Come nel primo libro, Antonia Arslan nutre il lettore d’informazioni e dettagli ed è capace di catturarlo, costringendolo velocemente tra le pagine del libro. Presagi, intuizioni e sogni dei personaggi danno al racconto un tocco astratto e soprannaturale, già conosciuto da La masseria delle allodole.

La storia raccontata ne La strada di Smirne non eguaglia quella de La masseria delle allodole, ma non per questo il libro è meno bello e coinvolgente, è una storia diversa. Il libro non mi ha delusa, lo ho letto con la stessa bramosia e curiosità di sapere come la storia andrà a evolversi.

Consiglio questo libro a chi ha letto e amato il primo libro, vuole conoscere il seguito della storia e imparerete un altro pezzetto di storia armena.

Lontano, nella verde Italia, è la seconda estate di guerra. Il tempo si trascina fra un attacco e l’altro, avanti e indietro nelle trincee; le fortune sembrano oscillare, si percepisce soltanto che l’incertezza durerà a lungo.
“L’Italia ha scelto. Ma ha scelto bene?” si domanda Yerwant, ansioso, ferito, che non può parlare con nessuno. Ma di fronte all’orrore di una alleanza coi turchi…
Dopo l’azione fulmine che ha salvato Shushaning e i bambini, Zareh gli ha scritto per via diplomatica una lettera piena d’informazioni, e gli ha chiesto consiglio, e riflessione. Yerwant è il maggiore, ma sono rimasti soltanto in tre, e bisogna consultare anche Rupen, laggiù a Boston.
Lettere nervose si incrociano, e Yerwant si sente investito di un’angosciosa responsabilità. In quell’anno terribile si trova a reimparare la pazienza e le astuzie orientali, a giocare sulle scacchiere misteriose dove ogni mossa può essere fatale.


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